ECUADOR, COSA VEDERE IN DUE SETTIMANE
UN VIAGGIO ATTRAVERSANDO CITTA’, SCALANDO MONTAGNE E AMMIRANDO LA NATURA
La Repubblica dell’Ecuador, o più semplicemente Ecuador, è una repubblica presidenziale del Sudamerica e deve il suo nome alla linea equatoriale che passa molto vicino alla città di Quito e attraversa il paese da est a ovest.
Decidiamo di partire per questo paese quasi per caso, dopo il viaggio in Messico avevo ancora voglia di immergermi in quella parte di mondo e guardando su internet il prezzo del biglietto A/R per Quito era il più basso così si è deciso di partire.
Tappe lungo il tragitto
IL SITO ARCHEOLOGICO DI INGAPIRCA
RIENTRO A QUITO E VISITA ALLA CIUDAD MITAD DEL MUNDO
QUITO, LA CAPITALE
Per raggiungere Quito partiamo dall’aeroporto di Malpensa e facciamo scalo prima ad Amsterdam e poi a Bonaire, nelle Antille, dove a causa di un piccolo inconveniente con il velivolo rimaniamo bloccati in aeroporto per circa quattro ore per poi ripartire sperando di arrivare sani e salvi… inevitabile l’appaluso all’atterraggio nella capitale ecuadoregna dopo più di sedici ore di viaggio.
Troviamo una camera all’Hotel Huasi Continental dove depositiamo gli zaini e ci mettiamo subito alla scoperta della città. È domenica e il centro è chiuso al traffico. Arriviamo fino al quartiere di Santa Prisca ed entriamo nella Basilica del voto National una bellissima chiesa in stile neogotico con due alte torri dell’orologio su una delle quali non manchiamo di arrampicarci su una ripida scalinata di ferro, anche se devo ammettere che io, nella parte più alta, dove il pavimento, se così lo vogliamo definire, è costituito da una base di rete metallica appoggiato su lastre di metallo, non riesco a camminarci. Maledetta paura del vuoto!
Dalla parte più alta a quella più in basso visitiamo il seminterrato dove si trovano le tombe di personaggi importanti della storia dell’indipendenza dell’Ecuador.
Una delle cose che colpiscono di più girovagando per la città è il numero impressionante di Università, pare ce ne siano ben 13!
Arriviamo fino al Parco El Ejido lungo Avenue Patria nella parte del centro storico dove veniamo accolti da artisti di vario genere che espongono le proprie opere per quasi tutto il perimetro del parco. Una passeggiata nel verde più colorata di questa non mi era mai capitata.
Dopo tanto camminare ceniamo a base di guacamole con formaggio, tortillas e patate fritte, il tutto innaffiato da una deliziosa Piña Colada.
OTAVALO e il suo mercato
Il giorno successivo prendiamo un autobus per raggiungere Otavalo, a circa 90 km a nord di Quito. Il cielo è coperto e i suoi vulcani non si vedono bene. Vaghiamo un po’ per la città e finiamo per fare acquisti nel più grande mercato andino dell’America Latina dove si trovano prodotti artigianali locali di vario genere, dall’abbigliamento a piccoli accessori.
Le prime due settimane di settembre si festeggia la “festa del yamor”, dove si può bere una bevanda tipica locale fatta con sette varietà di grano, la chica. Purtroppo, l’abbiamo mancata per un soffio ma su un cartello leggiamo “aquì puedes beber la chica”, così entriamo e ne chiediamo un bicchiere. La bevanda non è male, è piuttosto dolce ma per un attimo temo per il mio pancino.
Pranziamo in uno dei locali vicino alla piazza del mercato poi un giro veloce per i laghi San Pablo, Mojanda e Yahuarcocha e torniamo a Quito.
IL LAGO QUILOTOA
Il mattino seguente si riparte. Prendiamo prima un autobus per Latacunga, una città situata sull’altopiano dell’Ecuador, e da lì un altro per raggiungere Zumbahua, dove una camionetta di locali ci porta fino al lago Quilotoa, un lago artificiale creatosi all’interno del cratere di un vulcano spento da più di 800 anni. Prendiamo una stanza all’Hostal Quilotoa, che altro non è che l’abitazione di una famiglia locale che mette a disposizione piccole stanze per i viaggiatori. La situazione è un po’ spartana, il bagno è in comune e le docce, al piano di sotto, non hanno l’acqua calda però l’accoglienza e calorosa! Lasciamo gli zaini, è pomeriggio inoltrato e per oggi optiamo solo per la discesa al lago, una mezz’oretta per scendere nella bocca del cratere e un’oretta per risalire.
Nel frattempo, le nuvole hanno coperto l’intera area e inizia a tuonare. Fa decisamente freddo ma per fortuna lo stanzone dove ceniamo in compagnia di altri avventori ha una grande stufa a legna nel centro che crea un ambiente davvero particolare e particolarmente adatto alla conversazione. Dopo aver cenato, chiacchierato e bevuto un tè caldo, crolliamo appena tocchiamo letto.
Le colazioni qui sono piuttosto abbondanti e dopo esserci rifocillati e ben coperti, ci avventuriamo lungo il circuito Quilotoa, ovvero circa sei ore di cammino lungo l’intera bocca del vulcano. Il paesaggio è impressionante, cambia in continuazione, si passa da zone completamente aride e sabbiose ad altre selvagge e verdeggianti ad altre ancora con coltivazioni terrazzate. Però devo ammettere che salire e scendere per quei pendii mi ha un po’ affaticata e la fame inizia a farsi sentire.
Dopo pranzo caldo e abbondante salutiamo la splendida famiglia che ci ha accolti e rifacciamo il percorso al contrario fino a raggiungere di nuovo Lacatunga da dove prendiamo un autobus per Ambato.
BAÑOS DE AGUA SANTA
Da Ambato prendiamo un altro bus per raggiungere la nostra tappa successiva, Baños de Agua Santa, detta anche semplicemente Baños, una città alle pendici settentrionali del vulcano Tungurahua, ancora attivo. Poco distante ci sono il vulcano Sangray (5230m), anch’esso attivo, ed El Altar (5319m) estinto. La città deve il suo nome alle numerose sorgenti di acqua termale presenti nella città, conosciute per le grandi proprietà curative, che la popolazione locale definisce “miracolose”.
Arriviamo intorno alle sette di sera e troviamo una stanza in un piccolo albergo vicino alla stazione degli autobus dove finalmente possiamo fare una doccia bollente. Ceniamo in un ristorantino poco distante, Casa Hood , dove c’è molta scelta di piatti vegetariani e le pareti sono quasi interamente tappezzate di libri.
Il giorno seguente, dopo un sonno ristoratore e un’ottima colazione, prima visitiamo la Cascata della Vergine poi optiamo per un giro a cavallo. La sera girovaghiamo per la cittadina e torniamo a cenare a Casa Hood.
RIOBAMBA
Ci rimettiamo in marcia e, ripassando da Ambato prendiamo un autobus per Riobamba, una cittadina che si trova nel centro del paese, sulla Cordigliera delle Ande, a 2754 m s.l.m. Arriviamo in tarda mattinata e riusciamo a trovare un alloggio in un albergo sulla strada principale che purtroppo è in pieno rifacimento. I negozi vicini sono chiusi e siamo circondati da molta polvere. Poco lontano, però, le strade sono in pieno fermento, i negozi sono pieni di gente e quasi fatichiamo a trovare un buco per pranzare.
Entriamo in qualche agenzia per chiedere i prezzi per salire ai rifugi sul Volcán Chimborazo, la più alta montagna dell’Ecuador, ma alla fine un tassista ci offre il prezzo migliore così ci accordiamo per il giorno seguente con partenza alle sei del mattino dal nostro hotel. Per cena optiamo per un locale particolare, il San Valentin dove non tiriamo tardi perché la sveglia domani suonerà alquanto prestino.
IN CIMA AL CHIMBORAZO
Alle sei del mattino, neanche a dirlo, fa un freddo pazzesco e fuori è ancora buio pesto. Il tassista è puntualissimo e dopo un’ora e mezzo di viaggio raggiungiamo il primo rifugio sul Chimborazo. Il paesaggio a quell’altezza sembra lunare, lungo il tragitto abbiamo scorto molti lama che girovagavano solitari. Questo parco è zona protetta e gli animali sono liberi di scorrazzare indisturbati.
Dal primo rifugio, a ca. 4800 m., ci attende una salita di poco più di 200 m. per raggiungere il secondo punto di ristoro. L’aria è rarefatta, fa molto freddo e faccio davvero fatica a muovermi, mi sento come in quei sogni dove vorresti correre ma il tuo corpo si muove al rallentatore, le mie gambe sembrano più pesante del solito e il cuore batte ad una velocità folle, sarà per via dell’altitudine. Mi ci vuole quasi un’ora per arrivare ma per fortuna il cielo è sereno, il sole scalda un po’ e riusciamo a vedere la cima di questa meravigliosa montagna innevata prima che una coltre di nubi la coprano interamente e faccia scendere la temperatura di parecchi gradi.
Siamo a più di 5000 m.!
Molti proseguono il percorso fino alla parte più alta ma io faccio fatica a respirare e ho un leggero mal di testa, abbiamo fatto molti sbalzi di altitudine in questi giorni e ho bisogno di lasciare il tempo al mio corpo di adattarsi un pochino.
Dopo pranzo rientriamo in hotel, il mal di testa aumenta e dobbiamo riposare. La sera ceniamo in un ristorantino non troppo lontano dall’albergo, restiamo leggeri e andiamo a letto presto, domani si riparte.
MONTAÑITA, SULL’OCEANO
Arriviamo a Guayaquil, il principale porto marittimo dell’Ecuador e uno dei più importanti del Sudamerica, in tarda mattinata. La città è caotica e sicuramente meriterebbe di essere visitata ma in due settimane bisogna fare delle scelte sul percorso e noi abbiamo deciso di fare tappe diverse, quindi, prendiamo un autobus (ci attendono otto ore di viaggio!) e puntiamo su Montañita. La città, che affaccia sull’Oceano Pacifico, è divisa in quattro zone principali, la spiaggia, la Punta, il quartiere Tigrillo e il centro.
Prendiamo una stanza all’Hostal Montañita e, dopo un giro veloce in centro e affamati dopo un pranzo frugale in autobus, ceniamo in un ristorante che offre anche qualche piatto vegetariano. Ci godiamo la serata sul terrazzino vista mare dell’albergo, dove sono state posizionate anche delle amache. Il cielo è plumbeo, l’oceano sembra furente, ma io mi sento in pace.
Il giorno dopo ci alziamo con calma, il cielo è ancora coperto, ma decidiamo comunque di fare colazione in un locale vista mare, una passeggiata sulla spiaggia e infine ci spingiamo fino alla Punta dove abbiamo osservato i surfisti che si divertivano in mezzo a quelle acque agitate e gelide.
Pranziamo al ristorante Casa Blanca con degli ottimi burritos vegetali e poi ci mettiamo a girovagare per le stradine della cittadina. Incrociamo pochi turisti, per lo più surfisti, ma d’altronde settembre non è il mese ideale per la balneazione, infatti, una fitta pioggerellina continua imperterrita a scendere da questa mattina anche se nessuno sembra farci troppo caso e gli ombrelli aperti si contano davvero sulle dita di una mano.
UN INCONTRO PARTICOLARE
Mentre passeggiamo ci fermiamo a chiacchierare con un ragazzo che vende oggetti fatti di sua mano con un particolare filo metallico. Ci racconta che dall’età di 25 anni gira per il sud America facendo quel mestiere. Un tempo, in Cile, aveva un bel lavoro, una casa, una vita normale, poi un giorno partì per un viaggio con degli amici in Argentina e incontrò diverse persone che giravano per il mondo facendo lavoretti nei vari posti dove si fermavano o vendendo ciò che creavano, così è rimasto in giro prima per tre mesi testando quello stile di vita e imparando a fare quello che oggi è il suo lavoro, poi è rientrato in Cile, ha lasciato il vecchio lavoro, ha venduto tutto e da 13 anni gira vivendo di quello che guadagna con la sua arte.
Certo ci vuole molto coraggio e tanta determinazione per fare una scelta come quella, ma lui è felice e non si è mai pentito della sua decisione. Deve essere bello potersi svegliare ogni giorno felice di essere dove si è e, in caso contrario, decidere di spostarsi in un altro posto, facendo qualcosa che ti piace veramente fare. Ovviamente non è una vita che si adatta a tutti, ma è bello sapere che è fattibile, anche se ognuno deve trovare il modo giusto per sé.
Ceniamo nello stesso locale della sera precedente e quando rientriamo in albergo ci uniamo ad un gruppo di persone che hanno acceso un falò sulla spiaggia. Musica, canti e balli per scaldarsi in una fredda sera di settembre sono il modo migliore per concludere una bella giornata.
SALINAS E CUENCA
Con l’ennesimo autobus raggiungiamo Salinas, ma subito capiamo che non è una località adatta a noi, è una classica città balneare molto turistica, con enormi grattacieli sulla costa. Ovviamente in questo periodo le spiagge sono deserte, e resta solo quell’aria triste e urbana che non è proprio nelle nostre corde. Trascorriamo una notte in un alberghetto decente e il mattino successivo risaliamo in autobus per un’altra destinazione.
Cuenca una città che si trova più a sud, nella cosiddetta Sierra, una parte delle Ande, e sorge a circa 2.500 metri sul livello del mare. Per raggiungerla facciamo prima tappa a Guayaquil e poco dopo ci ritroviamo a percorrere una strada con delle viste mozzafiato passando per il Parque National (4000 m.) per ridiscendere poi ai 2500 m. di Cuenca. Alloggiamo al Grand Hotel, un albergo davvero carino, ma arriviamo di sera tardi e le strade sono semi deserte. Riusciamo a cenare in uno dei pochi ristorantini ancora aperti e ci rilassiamo in stanza.
Girare per la città di giorno è piacevole, ci sono molte chiese e cattedrali, musei, il Parco Abdon Calderon, le vie piene di negozi, le piazze traboccanti di venditori ambulanti. È decisamente una città vivace nonostante il sole non abbia alcuna intenzione di farsi vedere. Trascorriamo la giornata godendoci dei piacevoli momenti in una città davvero molto bella.
IL SITO ARCHEOLOGICO DI INGAPIRCA
Al mattino seguente partiamo per visitare il più importato sito archeologico Inca dell’Ecuador: Ingapirca, il Muro Inca, incastonato tra le colline della Sierra meridionale. Nel sito si possono vedere le fondamenta di un tempio e i resti di un centro astronomico. Purtroppo, però ci è successa una cosa brutta, non so come, non so quando, abbiamo perso la macchina fotografica. Avevamo stampato i rullini fino alla visita al Chimborazo il che significa che abbiamo perso le foto di metà della vacanza!
Per rinfrancarci della perdita degli scatti memorabili che non vedremo più, ci consoliamo con una cena luculliana in un bel ristorante in centro a Cuenca, ottimo cibo, ambiente soft e una bottiglia di vino rosso per scaldarci le ossa e il cuore.
RIENTRO A QUITO E VISITA ALLA CIUDAD MITAD DEL MUNDO
Il rientro a Quito è durato meno del previsto, sette ore invece di dieci, ma è stato un po’ stancante. Troviamo una stanza al Margherita Seconda, dove lasciamo gli zaini e andiamo a visitare la Ciudad Mitad del Mundo, la Città della Metà del Mondo. Nel parco visitiamo il Monumento all’Equatore, alto 30 metri e con una sfera in alto che rappresenta il mondo diviso in due e la struttura evidenzia l’esatta posizione dell’Equatore. È stato strano tenere i piedi in due emisferi contemporaneamente.
Di rientro a Quito non potevamo, nel nostro ultimo giorno, non seguire l’impulso di fare un po’ di shopping. Di sera ci rilassiamo in un ristorantino vegetariano del centro e passeggiamo per le vie salutando un paese con uno spirito gentile e che ci ha dato modo di visitare molti luoghi diversi fra loro, città, spiagge, montagne, luoghi pieni di storia, natura, bellezza, accoglienza.
È stato un bel viaggio, due settimane sono sempre troppo poche per visitare nazioni come questa, inevitabilmente si deve lasciare indietro qualcosa, ma ne vale comunque la pena e chissà, forse un giorno torneremo per ammirare quello che non abbiamo potuto vedere in questi giorni, magari con più tempo e vivendolo con più lentezza.