MESSICO, DUE SETTIMANE INDIMENTICABILI
UN’ESPERIENZA ZAINO IN SPALLA
Il mio primo viaggio intercontinentale verso il Messico si profila pieno di incognite ma con un caleidoscopio di emozioni che difficilmente dimenticherò. Con i biglietti di andata e ritorno per Città del Messico, uno zaino che pesa più di quanto sperassi, la mia guida Lonely Planet e alcune ipotesi sul giro da farsi ci dirigiamo all’aeroporto di Malpensa.
Per arrivare nella capitale messicana facciamo scalo ad Amsterdam dove abbiamo un’ora per attraversare l’intero aeroporto, che è immenso, e riuscire a raggiungere il gate dal quale parte il volo che ci terrà sollevati da terra per undici ore!
Tappe lungo il tragitto
IL SITO ARCHEOLOGICO DI TEOTIHUACAN
Città del Messico
Arrivare a Città del Messico la sera dello stesso giorno in cui sono partita è la prima cosa che mi crea un po’ di confusione se penso alle circa 16 ore trascorse negli aeroporti, gli strani effetti del fuso orario. L’aereo è atterrato in ritardo e noi non abbiamo prenotato un albergo quindi dobbiamo raggiungere il centro in fretta per trovare una stanza.
Subito fuori dall’aeroporto i tassisti chiedono cifre astronomiche ma, grazie ai consigli della guida, ci dirigiamo verso quelli ufficiali, un po’ più distanti e i prezzi sono decisamente più abbordabili. Troviamo una stanza in un albergo economico senza troppe pretese, con un letto decente e il bagno in camera, per due notti a soli 15 dollari a testa… non male.
Alle 5 del mattino siamo già svegli come grilli! Sarà forse colpa del jet lag? Fuori è ancora buio e l’aria è decisamente fredda, d’altronde siamo a 2240 m. sopra il livello del mare!
Di fianco all’hotel c’è un localino carino, il Cafè El Popular, con brioches appena sfornate che riempiono l’aria di un felice buongiorno, ma io preferisco iniziare subito ad addentrarmi nel loro mondo e ordino un piatto di uova e fagioli accompagnato da tortillas e del succo d’arancia. Una colazione piuttosto energetica.
Il sole inizia a farsi sentire e noi ci incamminiamo verso il centro della città. Lo Zòcalo, la piazza centrale o Piazza della Costituzione, inserito nel 1987 nel Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, è enorme e vi si affacciano la Cattedrale, il Palazzo Nazionale e gli uffici governativi.
IL SITO ARCHEOLOGICO DI TEOTIHUACAN
Su una via laterale riusciamo a prendere al volo, e intendo proprio al volo perché non si ferma ma rallenta soltanto, un autobus per raggiungere la stazione Norte da dove partono i bus per Teotihuacan, che fu una città precolombiana e oggi uno dei siti più visitati del Mesoamerica. Lungo il tragitto ci rendiamo conto di quanto sia immensa questa capitale e quanto degrado ci sia nella parte più esterna dove le bidonville la fanno da padrone per diversi chilometri.
Arrivati davanti all’ingresso del sito archeologico abbiamo qualche problema con i pagamenti perché non abbiamo ancora fatto il cambio in pesos. Alla fine, accettano i nostri soldi con un cambio a nostro sfavore ma non importa perché vogliamo entrare.
La prima cosa che incontriamo è la Cittadella, all’epoca uno dei più importanti centri cerimoniali cittadini. Si presenta come un grande spazio aperto con quattro piattaforme sopraelevate e, all’interno, nascosto da un’alta piattaforma dotata di ripidi scalini, vi è il “tempio di Quetzalcòatl”, il dio simboleggiato dal serpente piumato, con una struttura a base piramidale.
Alla destra della Cittadella vi è un ampio viale chiamato “Viale dei Morti”, percorso dai cerimoniali per il rito dei morti fino all’altare dei sacrifici, sui cui lati vi si affacciano diverse strutture sacre, templi e palazzi.
Ad un certo punto sulla nostra destra appare l’imponente Piramide del Sole che ci sfida a salire i suoi 248 scalini, ripidissimi, lungo i quali, nella parte più alta, hanno inserito delle corde come corrimano perché in quel punto la sfida è piuttosto ardua ma ne vale la pena! La vista dalla cima e uno spettacolo da mozzare il fiato, si vede tutto il sito, il museo e tutta la vegetazione che circonda l’area. Poi arriva la parte difficile: la discesa!!! Ci vuole molta calma e attenzione perché i gradoni sono lisi e un po’ scivolosi ma alla fine raggiungiamo la base incolumi.
Proseguendo lungo la “via della morte” arriviamo al Palazzo di Quetzalpapalotl, il dio simboleggiato dalla farfalla piumata, che pare sia stata la dimora di un sacerdote di alto rango ma non possiamo visitarlo perché in fase di restauro. Continuiamo per questo immenso viale fino a raggiungere la Piramide della Luna, più piccola di quella del sole ma essendo costruita su un altipiano ha la stessa altezza dell’altra.
Davanti alla piramide vi è un altare sul quale pare venissero svolte danze religiose in onore alla Grande dea di Teotihuacan, la dea dell’acqua, della fertilità, della terra ed anche della stessa creazione. Salire su questa struttura è un po’ più complicato perché i gradoni alla base sono molto alti e le mie gambe iniziano a chiedere pietà. La parte più alta della piramide ha ceduto creando un ammasso di pietre, ben compatto, sulle quali ci si arrampica in modalità trekking. Dall’alto la vista è stupefacente, si può ammirare il lungo “Viale della Morte” che sembra infinito… e noi dobbiamo ripercorrerlo per tornare indietro! Mi sento quasi morire all’idea!
Ritornati verso l’ingresso visitiamo il Museo e poi pausa pranzo nel ristorante adiacente. Devo imparare a chiedere meglio cibo non piccante, mi sono ustionata le papille gustative!
Rifacciamo il giro a ritroso con i mezzi e dalla stazione del Norte questa volta prendiamo la metropolitana fino al centro dove girovaghiamo per le strade, alcune delle quali molto strette, e fermandoci a cenare in uno dei ristoranti locali che incrociamo lungo la passeggiata.
Puerto Escondido
Il mattino successivo, dopo una colazione abbondante, prendiamo la metropolitana e un autobus (4 pesos in tutto contro i 140 di taxi al nostro arrivo!) e ci dirigiamo all’aeroporto. Per raggiungere Puerto Escondido, una tappa imprescindibile per chi ha visto il film di Gabriele Salvatores (1992) e recuperare un po’ di tempo avendo solo due settimane, decidiamo di prendere un volo locale. Esperienza tremenda, almeno per me, perché l’aereo sembrava stare insieme per miracolo e in volo era un continuo sobbalzare! Ho davvero temuto il peggio.
Siamo sulla costa e la temperatura è di 30°, una bella escursione termica rispetto alla capitale. Abbiamo prenotato una stanza al May Flowers per 200 pesos a notte, circa 10 dollari a testa. Siamo a febbraio e qui è bassa stagione, infatti non c’è molta gente in giro. Per raggiungere la spiaggia ci basta attraversare un paio di strade. Un’immensa distesa di sabbia che si affaccia sull’oceano Pacifico ci si para davanti, ci sono pochissimi avventori, il cielo è limpido e la temperatura mite. Fare il bagno però è impossibile, l’acqua è ghiacciata e le onde infuriano ma un po’ di relax non ci farà male.
Pranziamo in uno dei ristorantini che incontriamo lungo la via principale. A Puerto Escondido le abitazioni sono basse e tutte colorate, è un paese di pescatori che ha mantenuto la sua identità di villaggio, a differenza di altre città come Acapulco che è piena di palazzi e alberghi di lusso che noi abbiamo preferito evitare.
Dopo aver girovagato per ore per tutto il pomeriggio, aver chiacchierato con altri viaggiatori e qualche locale, la fame inizia a farsi sentire così decidiamo di cenare in uno dei ristoranti vicino alla spiaggia più conosciuti, Il Ristorante da Claudio, un italiano trasferitosi in Messico nel 1981 dove ha trovato la sua strada. Nel suo locale viene spesso proiettata la pellicola del film Puerto Escondido con i sottotitoli in inglese, film che da quando è uscito nelle sale ha portato molti più turisti in questa bella cittadina. Il cibo è eccellente, il vino non è da meno e la conversazione con Claudio e con altri viaggiatori non langue.
Mazunte, e la sua laguna
Partiamo per un tour decisamente particolare, la visita alla laguna di Ventanilla a Mazunte. Salire su delle piccole imbarcazioni che percorrono quelle acque scure circondate da mangrovie e piene di coccodrilli devo ammettere che mi inquieta un po’, certo abbiamo il giubbetto di salvataggio ma non credo che ci renderanno, a quegli enormi rettili, meno commestibili.
Visitiamo il villaggio dove vi è un centro di assistenza agli animali della zona feriti o in difficoltà, tra cui appunto i coccodrilli, poi arriviamo alla spiaggia delle tartarughe, ovvero dove queste bellissime creature vanno a depositare ogni anno le uova. Purtroppo, fino al 1990, veniva definito “il mattatoio del Pacifico” perché questi animali venivano massacrati dopo aver deposto le uova, poi una legge ha vietato la mattanza e messo sotto tutela tutte le specie di tartarughe marine.
Oggi vi sono molte associazioni che le tutelano, recuperando le uova dalla spiaggia, tenendole in incubazione fino alla schiusa e poi aiutandole e raggiungere il mare. Visitiamo uno di questi centri e osserviamo come si prendono anche cura di alcuni di questi esemplari feriti o malati prima rimetterli nuovamente in libertà.
Zipolite e Puerto Angel
Facciamo una capatina alla spiaggia di Zipolite, che significa spiaggia dei morti o delle anime, in quanto in epoca precolombiana venivano eseguiti riti sacrificali dalle popolazioni zapoteche. Ci ritroviamo a passeggiare lungo una lunghissima distesa di sabbia fine completamente deserta. Da li raggiungiamo Puerto Angel, un villaggio di pescatori situato in una piccola baia circondata da colline rocciose nel comune di San Pedro Pochutla, dove riusciamo a fare un bagno perché le acque nella baia sono decisamente più calde, calme e trasparenti.
Ritornando verso Puerto Escondido ci fermiamo in una distilleria di Mezcal, il liquore tipico locale dove, oltre ad aver assaporato quell’ottimo liquido ambrato, ci siamo goduti un incredibile tramonto.
Huatulco e Santa Cruz
Dopo una mattinata al mare e un pranzo frugale prendiamo l’autobus per Huatulco, dove l’albergo non è granché, ma la cittadina non è male. Passiamo la serata su una delle 36 spiagge della zona dove l’acqua è ghiacciata e le temperature di sera si irrigidiscono parecchio ma ci rinfranchiamo alla vista dell’ennesimo spettacolare tramonto. Il centro pullula di turisti messicani, e trascorriamo la serata tra musica e buon cibo. Il giorno seguente siamo di nuovo in movimento, prima facciamo tappa alla baia di Santa Cruz dove si trovano le bellissime spiagge di La Entrega (acqua limpida dove poter fare snorkeling), Yerbabuena e Punta Santa Cruz.
Il giorno dopo proviamo a visitare Salina Cruz ma sembra una città fantasma così dopo pranzo ci rimettiamo in marcia…
Il Chiapas
Decidiamo di addentrarci nell’entroterra così prendiamo un autobus notturno per raggiungere San Cristobal de las Casas, in Chiapas tra le montagne della Sierra Madre, dove abbiamo trovato una stanza in una “posada” (una locanda) vicino allo “zòcalo” (la piazza centrale).
Dopo esserci ripresi da un viaggio scomodo con poche ore di sonno, usciamo a visitare la città che è davvero molto bella e colorata. Fu una delle prime città fondata nel Nordamerica coloniale spagnolo e inizialmente si chiamava Villareal. Immancabile una visita al mercato artigianale, alla Cattedrale, al museo della medicina Maya e a gustare una buonissima cioccolata calda.
Prima della fine della giornata siamo passati ad un rent car e abbiamo prenotato un’auto per il giorno dopo…
Agua Azul e Palenque
Partiamo di buon’ora con uno splendido maggiolone rosso destinazione: Agua Azul.
Verso le 10 ci fermiamo lungo il percorso ad Ocosingo per un pit stop a base di caffeina e benzina. Poi veniamo fermati da alcuni individui che, con una corda, bloccavano il traffico e chiedevano ai guidatori una specie di tassa di passaggio. Tutti pagavano e noi non siamo stati da meno, ci hanno chiesto dieci pesos come “offerta” per aiutare gli indio.
Arriviamo ad Agua Azul dopo mezzogiorno, e la vista è incredibile. L’acqua è davvero azzurra, praticamente cristallina e la roccia chiara ne amplifica la purezza. Salendo lungo un sentiero che ne costeggia la discesa si arriva nel punto più alto dove si crea una sorta di grande vasca naturale dove si può fare il bagno. Pranziamo al sacco in quel luogo incantevole e verso le due ripartiamo per raggiungere Palenque.
Ci vuole circa un’ora e mezzo e, quando arriviamo, scopriamo che il sito chiude alle 17 quindi dobbiamo fare il giro un po’ di corsa ma, purtroppo, siamo doppiamente sfortunati perché inizia anche a piovere, prima solo qualche goccia poi sembra il diluvio universale.
Saliamo sul Tempio delle iscrizioni, il monumento funebre del re Pacal, uno degli edifici più significativi del sito ed una delle tombe più notevoli del centroamerica. Visitiamo Il Palazzo (“El Palacio” in spagnolo), un complesso di edifici adiacenti e interconnessi comprensivi di cortili. È situato nella parte centrale della zona archeologica e il suo nome è dovuto all’unione di corti, portici e passaggi sotterranei, e alla torre a quattro corpi che lo formano. Contiene sculture e bassorilievi in stucco di alto valore artistico.
Infine, un giro veloce al Tempio della croce, al Tempio del sole e al Tempio della Croce fogliata.
Un rientro allucinante
Quando usciamo dal sito siamo bagnati fradici e non solo noi ma anche i nostri documenti e i soldi, un disastro! Rimettendoci in auto scopriamo che non si può far andare l’aria calda e per evitare che si appannino i vetri siamo costretti a guidare con i finestrini un po’ abbassati mentre la pioggia incessante non vuole smettere di venire giù.
È stato il viaggio più allucinante della mia vita! Ero intirizzita dal freddo, la strada era completamente buia, neanche un lampione, e ogni tot di metri incappavamo in un tope, un dosso o come li chiamano loro “reductor de velocidad”, facendoci continuamente sobbalzare perché non sempre erano visibili col buio. Ma la cosa peggiore fu che ad un certo punto si accese la spia della benzina! Ed eravamo ancora distanti da Ocosingo, unica città tra Palenke e San Cristobal. Fortunatamente la maggior parte della strada era in discesa così, per risparmiare benzina si viaggiava a motore spento.
All’improvviso vediamo, sul muro di un’abitazione, una scritta: Gasolina. Ci fermiamo per non rischiare di rimanere a piedi, di notte, in mezzo al Chapas, anche se devo ammettere che non ero molto convinta. Ma i miei timori, dettati da stupidi pregiudizi, erano infondati. Un signore molto gentile ci ha consigliato di mettere poca gasolina perché più aventi avremmo trovato un ampio distributore automatico. Grati e rassicurati ci rimettiamo in marcia ed effettivamente, dopo un’ennesima curva, appare un enorme spiazzo con diversi distributori di benzina dove ci siamo potuti rifornire senza problemi e arrivare sani e salvi in albergo.
È tardi, e dopo una doccia bollente per scaldarci un po’, cerchiamo un posto dove poter mangiare qualcosa, ma alle undici di sera riusciamo a trangugiare solo un panino e a bere un po’ di tequila.
UNA GIORNATA DI RELAX
Trascorriamo la giornata successiva a goderci la città, con lentezza, leggendo sotto un gazebo, passeggiando, scrivendo e chiacchierando con i locali e qualche turista. Visitiamo la Casa Na Balom, l’abitazione dell’archeologo e scrittore Frans Blom da cui prende il nome la villa, dove possiamo osservare le foto dei suoi ritrovamenti, fu uno dei primi a scavare a Palenque, e della vita quotidiana degli indio della zona a quell’epoca. La struttura si estende su un perimetro rettangolare con diverse stanze che si affacciano su un’area aperta circondata da piante.
Un giro alla chiesa di Santa Lucia, molto particolare con il suo bianco accecante e quell’azzurro cielo che la rendono molto soave, ci lascia un senso di pace.
Poi prenotiamo i biglietti per il prossimo viaggio notturno e alle 20 si riparte.
Oaxaca
I viaggi in autobus di prima classe sono decisamente più comodi, con schermi per vedere film muniti di cuffie per non disturbare chi preferisce dormire, toilette pulite e un servizio impeccabile che comprende anche una quantità industriale di caffè per chi non vuole o non riesce a chiudere occhio. Io mi addormento dopo dieci minuti dalla partenza, sono fortunata perché quando ho sonno sono in grado di dormire anche in piedi! Mi sveglio un’oretta prima di raggiungere la nostra destinazione e mi sento un po’ acciaccata ma tutto sommato riposata.
Arriviamo a Oaxaca verso le nove del mattino e prenotiamo una stanza all’Hotel Pasaje, un albergo senza troppe pretese ma pulito ed economico vicino allo zocalo e al mercato. Dopo una lauta colazione prendiamo al volo un autobus, che non ho idea di come faccia a reggersi sulle ruote né tantomeno a muoversi, per raggiungere Monte Albàn, un importante sito archeologico precolombiano. La Plaza Grande, la zona centrale del sito, è formata da un perimetro di piccole piramidi e scalinate che conducono ad alcune tombe, mentre sugli avvallamenti a destra e a sinistra vi sono altre piramidi, sostanzialmente per visitare l’intero sito è un continuo salire e scendere da queste alture. Una visita veloce al museo e poi di nuovo in bus per tornare in città dove facciamo una capatina alla chiesa “Santo Domingo” e al Museo della Storia della Città.
La sera ceniamo in un ristorante tipico della zona e finiamo, come oramai accade sempre più spesso, con un giro di tequila.
Puebla de Zaragoza
Il viaggio verso Puebla de Zaragoza, o semplicemente Puebla, è di sole quattro ore e mezza, ma poche ore di autobus di giorno sono peggio di tante ore di notte, almeno per me. Arriviamo intorno alle tre del pomeriggio e prenotiamo in un albergo vicino al centro. Facciamo un giro nella Cattedrale e incappiamo in un matrimonio. Ci rilassiamo sotto i portici bevendo un aperitivo cercando di decidere cosa fare quando una coppia di Guadalajara ci dice che vicino al municipio vi sarebbe stata una rappresentazione di danze locali dall’epoca Precolombiana a quella tradizionale più contemporanea. Assistiamo rapiti ad un momento di festa popolare molto particolare e decisamente piacevole.
La serata, dall’aria sempre più gelida, la concludiamo in un locale dove cucinano un piatto tipico della zona: il montone in salsa rossa. Io non oso nemmeno assaggiarlo!
Rientro a Città del Messico
Ripartiamo per Città del Messico verso le dieci del mattino dopo una colazione abbondante ed esserci coperti per bene, più si sale e più le temperature scendono.
Dopo aver lasciato gli zaini in stanza prendiamo la metro e raggiungiamo la Torre Mayor, l’edificio più elevato della città. Ha un’altezza di 230 m, 55 piani e 29 ascensori. Un grattacielo in piena regola! La vista dall’alto è semplicemente spettacolare, l’intera città si estende davanti ai nostri occhi.
Dopo tanta altezza ci addentriamo sottoterra, nella metropolitana per raggiungere la “ciutadella”, un mercato dell’artigianato dove ci dedichiamo agli acquisti per amici e parenti.
Ci godiamo un rilassato pomeriggio nel parco, leggendo e scrivendo, facendo due chiacchiere rievocando alcuni momenti del nostro viaggio. È l’ultima notte in questo meraviglioso paese, che ci ha accolto bene e ci ha arricchito tanto. Domani si rientra a Milano ma so già che questo viaggio mi resterà per sempre nel cuore e spero sinceramente che sia solo il primo di una lunga serie.
P.s. strano dover recuperare oggi, in forma digitale, le foto che una volta si facevano con tanto di rullino, in numero limitato e stampandole sempre… e ovviamente … come venivano lo scoprivi solo a stampa effettuata…